
DRAGHI, FANTASMI E TESORI NASCOSTI.
PACENTRO: IL BORGO INCANTATO A GUARDIA DELLA VALLE PELIGNA SI RACCONTA ATTRAVERSO MISTERI E LEGGENDE. INCASTONATO NEI MONTI DEL PARCO NAZIONALE DELLA MAJELLA, NON A CASO E’ TRA I BORGHI PIU’ BELLI D’ITALIA.
Attraversando la Valle Peligna non può sfuggire allo sguardo del viaggiatore l’imponente castello dei Caldora, simbolo di Pacentro. Secondo la leggenda tra le sue mura si aggira disperato, alla ricerca dell’amato, lo spettro della bella Margherita De Braj. La dama morì di crepacuore alla falsa notizia della morte del barone Roberto De Luczinardo, suo marito. Egli in seguito fece scolpire il volto dell’amata in quella che oggi è detta la “Torre fantasma”.
Risalente al X secolo, il castello più antico d’Abruzzo è composto di mura di pietra bianca e malta, da bastioni circolari e da maestose torri vestite di merlature, figure antropomorfe e archetti a conchiglia: la “Torre dell’Assedio” è la più antica mentre la “Torre del Re” è la gemella della “Torre Fantasma”.
Come uno “stargate” per il medioevo, Pacentro, fondato secondo la leggenda dall’eroe troiano PACINUS, è un viaggio a ritroso nel tempo.
Il paese, situato a circa Mt. 700 s.l.m. si raggiunge attraversando scenari naturali emozionanti: pascoli, uliveti, querceti e lecceti ospitano orchidee, aquile reali, orsi e lupi.
Poco lontano dal borgo c’è la grotta di Colle Nusca che conserva pitture rupestri, testimonianza risalente a migliaia di anni fa.
Inoltre si racconta che, fuori dal paese in località S. Alberto, nella chiesetta dedicata al santo fosse custodito un tesoro. Il “Tesoro di Sant’Adalberto” non è mai stato trovato, nemmeno da tre amici che, convinti di trovare sotto l’altare dei marenghi d’oro, scapparono in piena notte perché spaventati da un grande uccello nero…ma il tesoro non erano monete d’oro, bensì la bellezza della natura!
Analogamente la Chiesa della Madonna delle Grazie e la Chiesa rurale della Santissima Concezione, con annesso l’ex Convento dei Frati Minori Osservanti, appartengono alle chiese extra-moenia.
Protagonista del borgo è il tempo cristallizzato nelle pietre, nelle intricate viuzze medievali, negli antichi palazzi e nelle chiese.
I luoghi da ammirare sono molteplici, le testimonianze artistiche dei secoli passati si accavallano e s’inseguono tra di loro senza però mai venire in contrasto.
Già dalla Piazza Umberto I, dove il 4 Novembre volano le mongolfiere per festeggiare San Carlo Borromeo, gli antichi palazzi accolgono il viaggiatore. Da questo punto si entra nel centro storico vero e proprio.
E’ piacevole passeggiare lungo Via Santa Maria Maggiore. Infatti, la lunga via offre un percorso agevole per chiunque. Si è colpiti dalla cura che ogni abitante mette per abbellire con piante e fiori gli antichi portoni. La prima chiesa che incontriamo è quella di San Marcello, fondata nel 1047, la più antica del borgo. Mentre la piccola Chiesa della Madonna di Loreto, nella sua porta laterale custodisce la misteriosa scritta templare “TERRIBILIS EST LOCUS ISTE ET PORTA COELI”; questo è anche il luogo di arrivo della “Corsa degli Zingari”.
Questa corsa si tiene a Settembre: ragazzi scalzi corrono giù dal monte fino alla chiesa, in un rituale assai antico. Il punto di partenza è chiamato “Colle Ardinghi”, “Pietra spaccata”. Gli antichi raccontano di un drago a guardia di quella pietra.
Lungo il percorso, gli occhi indugiano sui palazzi signorili: Palazzo Tonno, Palazzo La Rocca, Palazzo Massa, Palazzo Avolio e infine Palazzo Granata.
Nonostante non sia un palazzo antico, a Pacentro si trova la “Casa Marlurita”. E’ una casa contadina, ferma agli inizi del Novecento, la cui semplicità fa affiorare nella mente uno stile di vita completamente diverso da quello attuale.
Dopodiché si giunge in Piazza del Popolo e lì lo sguardo si apre: la monumentale fontana del 1652 e la Chiesa di S. Maria della Misericordia del XV secolo sembrano placide sculture che osservano i passanti affaccendati. Proprio nella piazza le piccole botteghe artigiane sono la casa dei “mammuccje”, le statuine in terracotta per il presepe che nate dall’ artista Peppino Avolio (1883-1962).
Il castello è ormai a pochi passi: si passa per brevi e antiche salite ed è qui che si scopre la “Petra tonna” detta anche dello scandalo. La pietra ci ricorda leggi lontane, infatti, su questa pietra i debitori insolventi erano obbligati a sedersi nudi davanti ai passanti. Così come l’antico lavatoio pubblico in lastroni di pietra, “I Canaje”, era un luogo di cicaleggio per le donne del paese.
Finalmente si giunge al castello. Il viaggio nel tempo passato termina qui.
L’ultima tappa è per gustare: la “pecora all’u cuttur’ “ e la “polta” un piatto semplice, contadino.
Chi dovesse mai giungere in quest’ antico feudo rimarrà colmo di emozioni. Aver assistito per un giorno a un dialogo tra passato e presente arricchirà il vostro vocabolario dei ricordi più belli.